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POLEMICHE IN PUNTA DI PIEDI

Il biologico fa male. Il biologico fa bene a chi lo fa. Il biologico è una moda. E’ troppo costoso. Non rende quanto un metodo tradizionale di produzione. E’ elitario. Ormai lo fanno anche le multinazionali. Produce micotossine. Non ha caratteristiche nutrizionali superiori ai prodotti coltivati in maniera convenzionale. Può essere dannoso per la salute. Non è vero che nell’agricoltura biologica non si impiegano fertilizzanti chimici. E via discorrendo, possiamo aggiungere tante altre affermazioni ma è meglio fermarsi qui.

Il nostro modo di pensare, le nostre capacità cognitive potrebbero subire ulteriori interferenze. Il dibattito è ampio e spesso confuso, contraddittorio e paradossale. Ognuno dice la sua, anche motivato da interessi economici, riporta dati presi da studi e resoconti ricavati da analisi di laboratorio e pubblica il proprio articolo. Bella la scienza ma se è vero che la stessa non è un’opinione e non è democratica, quale delle varie ipotesi “scientifiche” bisogna prendere in considerazione? Innanzitutto, se si fa giornalismo, questo dovrebbe separare i fatti dalle opinioni.

Il cibo biologico è quindi dal 20 al 40% più sano ma può essere molto costoso rispetto alla frutta e alla verdura “normale”. Ma per la nostra salute non si dovrebbe sorvolare sull’aspetto economico? Già. Ma non è un buon periodo per porsi certe domande, a quanto pare. La cosiddetta crisi economica non accenna a diminuire e quindi si tende a risparmiare e nel risparmio c’è anche il cibo. Soltanto che qui è in gioco la nostra salute.

Certo, il consumatore non ancora “attore” si pone legittimamente dei quesiti. Innanzitutto, se si informa un po’ sulla questione vorrebbe sapere perchè deve comprare tramite la modalità dei G.A.S. ed abituarsi a non fare scorte di frutta e verdura ma acquistare solo ciò che è strettamente necessario, in tempi brevi. Altra questione: come si fa ad essere sicuri che ciò che si acquista sia veramente sano?

Ci sono le certificazioni, certo, però il dubbio può rimanere se poi escono notizie come questa: la Commissione UE e il Consiglio dei Ministri Agricoli, noncuranti del parere contrario del Parlamento Europeo e degli euro-cittadini, hanno stabilito che anche in biologico sia ammessa una contaminazione accidentale da OGM sino al 0,9% (proprio come per i prodotti convenzionali).

Per l’UE ammettere gli OGM nel biologico significa avvantaggiare i produttori in quanto diminuirebbero i costi di controllo necessari a evitare le contaminazioni accidentali, implicita ammissione della ormai ampia diffusione degli OGM nell’ambiente (http://www.viviconsapevole.it/articolo.php?id=8636). Eppure sono gli stessi produttori bio che, con il sostegno e con la fiducia dei consumatori, tuttora rifiutano gli OGM, perché ritenuti pericolosi.

In realtà, il Parlamento europeo ha respinto la proposta di inserimento di una soglia dello 0,9% di tolleranza di Ogm anche nei prodotti biologici, come già avviene per quelli convenzionali. Lo ha fatto approvando l’emendamento 171, che richiede l’esclusione della dicitura Biologico, dall’etichetta dei prodotti la cui contaminazione accidentale da parte di OGM superi la soglia rilevabile dello 0,1%. Considerando i margini di approssimazione minimi delle rilevazioni, lo 0,1% significa in pratica un’esclusione completa dalla contaminazione di organismi transgenici nei prodotti da agricoltura biologica

(https://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/niente_ogm_nel_bio_il_parlamento_europeo_res pinge_la_soglia_dello_0_9).

La confusione aumenta. E pure la diffidenza. E si comincia a ragionare sul fatto che tutto è inquinato, dall’aria che respiriamo, al terreno, fino all’acqua. E a questo punto qualcuno arriva ad affermare che il biologico non esiste. Se ci mettiamo a filosofeggiare o a studiare gli etimi delle parole, finiamo in un mare magnum di concetti reali ma inapplicabili. Meglio attenersi alla realtà concordata.

La definizione di “biologico”, ricordiamo, si riferisce al metodo di coltivazione e di produzione. Questo metodo comporta l’esclusione di fertilizzanti e diserbanti di sintesi, degli ogm, della monocoltura, il rispetto della biodiversità, la riduzione dell’impatto ambientale, la produzione di ortaggi e frutta di stagione. Spero di essere stato esaustivo.

Sulla questione riguardo le capacità nutrizionali superiori o meno di un prodotto derivante da agricoltura biologica, il dibattito è acceso e non si è ancora esaurito. Resta il fatto che è un bel vantaggio nutrirsi con prodotti che non contengono residui chimici o tossine. Per esempio è stato visto che sono sufficienti pochi giorni di un’alimentazione basata su cibi biologici per ridurre in modo significativo il livello di pesticidi nelle urine.

I soliti scettici diranno che non si sà con certezza se i pesticidi assimilati facciano male o meno. Già, ma in attesa di saperlo, meglio ridurne l’esposizione, no? Uno studio, condotto da Stanford, non ha riscontrato nei cibi biologici valori maggiori di vitamine e anti-ossidanti, ma altri dati sembrano invece indicare un leggero vantaggio per i cibi biologici.

Nel dubbio, perché non prediligere allora questi ultimi? Non esiste un’evidenza forte che i cibi biologici siano più nutrienti di quelli convenzionali, concludono gli esperti di Stanford. Ma esiste un’evidenza che non lo siano? (https://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09/05/cibi-biologici-si-o-no/342744/).

Questo articolo, di cui vedete gli estratti qui sopra, è stato scritto da un medico, Filippo Ongaro, che si occupa anche di divulgazione scientifica ed è uno degli scritti più lucidi sull’argomento che mi è capitato di leggere in rete. Con poche righe, pone le basi per un affresco teoretico in cui i dubbi comuni del consumatore possono dissolversi velocemente.

Questa è la Scienza come la intende chi scrive. Dettata dalla logica e non dalla propaganda o da interessi di bottega. E rende giustizia al buon senso, poichè comprendendo le obiezioni che si possono sollevare sui vari aspetti in cui si presenta o viene presentata l’agricoltura biologica, espone dati e si permette di dare un valore aggiunto a ciò che espone.

Sappiamo se le tossine contenute nei vegetali nuocciono? No. Benissimo. Vogliamo rischiare? Conclude Ongaro: “tutto questo non significa che biologico è sempre sinonimo di salute e che il resto del cibo sia per definizione poco sano. E il biologico è certamente migliorabile ma qualsiasi tentativo di ripulire la nostra catena alimentare è meglio del continuare a fare finta che non sia necessario farlo”.

Purtroppo l’onestà intellettuale è merce rara, come ben sappiamo e dunque, sarebbe troppo bello citare gli esempi positivi ed intelligenti (per chi scrive), visto che nelle questioni di lana caprina, noi italiani siamo maestri. Questo, ad esempio, risale a qualche tempo fa, “Bio non fa miracoli”, pubblicato sul noto periodico, firmato da Daniela Minerva, è stato un esempio di basso giornalismo dovuto ad un’errata comprensione della materia (nello specifico uno studio di Altroconsumo).

Basta l’incipit dell’articolo per capire il tono dello scritto. I prodotti biologici sono pieni di grassi e additivi, zuccheri e sali. Spesso sono meno salutari di quelli industriali. Ecco le prove….. Ecco le prove. Tutto ricavato da una ricerca di Altroconsumo, che alla fine non parla nè bene nè male del bio anche se tante dichiarazioni sono tutte da verificare.

L’articolo è stato in seguito smontato da più parti, che hanno evidenziato la superiorità in termini qualitativi dei prodotti biologici rispetto a quelli convenzionali. Innanzitutto, nei prodotti bio non sono mai stati riscontrati residui chimici, al contrario degli alimenti tradizionali. Nei prodotti trasformati convenzionali la presenza di fitofarmaci è stata constatata, in alcuni prodotti, nell’83% dei campioni (fonte: Altroconsumo), e anche nei prodotti freschi si arriva al 93% (fonte: ARPA Emilia-Romagna) (http://www.viviconsapevole.it/articolo.php?id=8636).

Già avevo citato parte di quest’articolo all’inizio, sulle possibili contaminazioni tra ogm e biologico, ma le cose si fanno più gravi quando il giornalismo ufficiale “regala” perle come quella evidenziata nel sito succitato. Vanno bene le critiche al bio nel dettaglio, per quanto riguarda l’uso un po’ troppo superficiale e truffaldino del “marchio”, però questo significa denigrare tutto un mondo se non si adoperano determinati distinguo.

Come in ogni attività commerciale e produttiva ci sono i mediocri e gli onesti. Essere scettici è positivo, poichè lo scetticismo, come il dubbio, dovrebbe portare ad indagare, ad approfondire, ma siamo in un’era in cui la comunicazione ci sommerge e ci trascina in un limbo dove tutto si mescola e tutto pare avere la stessa importanza, una comunicazione eterodiretta, in cui la rete fa la sua parte, a volte in senso positivo, a volte creando ulteriori perplessità.

Infine, in questo articolo, l’autore esprime in maniera abbastanza efficace i punti salienti del dibattito sul biologico, pur essendo, apparentemente, un avversatore di questo mondo, dal momento che è un pro ogm senza sè e senza ma, ma almeno ha le competenze per sviscerare un argomento in maniera efficace.

Certamente le fonti da cui attinge pare che si adattino alla sua visione del mondo, ma prendendo con le pinze ogni capoverso in cui si esprime e cita la fonte di ricerca, può dare buoni spunti per ulteriori approfondimenti. Insomma, un po’ di confusione è lecita. Ogni punto riguardante un argomento, in generale, è trattato in modi diversi. Il resto è polemica? No: buon appetito.

P. S.

Buona norma sarebbe, visto che si tratta di un fenomeno in crescita, fare la spesa nei mercati e dai produttori locali che trattano il biologico, farsi consigliare, chiedere di visitare il campo, provare ad inserirsi in una dinamica di acquisto “partecipato”, dove anche il consumatore ha voce in capitolo e non è più un acquirente passivo. Si può scoprire un mondo nuovo, attivo, positivo e nutrirsi adeguatamente.

Giorgio Masili

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