Questo articolo vuole essere un piccolo lavoro di descrizione riguardo le forme di agricoltura post “rivoluzione verde” che, in qualche modo, implicano un metodo “naturale” o parzialmente tale.
Sugli scaffali dei supermercati siamo ormai abituati da tempo ad imbatterci in prodotti certificati “biologici” o “organici”, secondo la denominazione standard europea. Più difficile è trovare un prodotto definito “biodinamico”, mentre il termine “lotta integrata” si fa conoscere sempre di più.
Tenteremo di spiegare le differenze che intercorrono tra i vari metodi di coltivazione, parlando anche di permacultura. Questo non vuole essere ovviamente un articolo esaustivo sull’argomento, bensì una piccola “guida su 4 metodi alternativi di coltivazione e produzione.
BIOLOGICO O ORGANICO
Su questo settore produttivo si sono spesi dibattiti annosi e in rete si può trovare di tutto sull’argomento. Il biologico fa bene? Fa male? I prodotti derivati dall’agricoltura biologica sono più o meno nutrienti dei prodotti “convenzionali”? Le micotossine sono più dannose dei diserbanti e dei pesticidi? Fa bene all’acquirente o a chi produce? Esiste il vero biologico? La certificazione garantisce
che il prodotto che compriamo sia veramente prodotto seguendo i protocolli imposti dall’Unione Europea? Tutte domande a cui si può dare risposta, generando altre domande. Ma vediamo quali sono le specificità della produzione che gli inglesi definiscono “organic”.
L’agricoltura biologica è un tipo di agricoltura che sfrutta la naturale fertilità del suolo favorendola con interventi limitati, vuole promuovere la biodiversità delle specie coltivate (ed allevate), esclude l’utilizzo di prodotti di sintesie degli organismi geneticamente modificati (OGM) (https://it.wikipedia.org/wiki/Agricoltura_biologica).
Bene, purtroppo questa è la “versione ideale” del biologico, perché sappiamo che qualche prodotto di sintesi, viene usato anche in questo settore. (Naturalmente qui si parla di truffa. E a volte di diffamazione da parte di chi ha interesse a screditare il biologico.)
Andiamo a citare alcuni concimi naturali, naturalmente prodotti in forma industriale ma non ancora di sintesi. Non nel senso che comunemente si intende. I prodotti in questione sono: il terriccio da compostaggio (ottenuto mediante la decomposizione di materiale organico vegetale), il sangue secco (prodotto nei macelli) o le ceneri della legna.
Questo trattamento andrà effettuato alla fine dell’inverno per preparare il terreno in previsione della semina. Fermo restando che il letame rimane il concime d’eccellenza per la coltivazione, non sempre però è possibile procurarselo. Potrete in alternativa ad esso utilizzare il cosiddetto “stallatico pellettato” che viene generalmente venduto in sacchi che vanno da 5 a 25 chilogrammi (https://www.giardinaggio.it/ortofrutta/orto-biologico/fertilizzanti-agricoltura-biologica.asp).
Bene, scorrendo per i vari siti troviamo fior di elenchi di fertilizzanti come normativa comanda, alcuni disinquinano il terreno, altri lo arricchiscono. E’ tutto elencato come biologico, ovviamente, confezionato con sostanze ammesse. Lo stallatico pellettato, ad esempio, è biologico, ma in natura non esiste. Si tratta di una produzione manipolata,ma non ancora definibile di “sintesi”.
Sostanze di origine vegetale o animale
Microrganismi utilizzati nella lotta biologica contro i parassiti e le malattie Sostanze prodotte da microrganismi
Sostanze da utilizzare in trappole e/o distributori automatici Preparazioni da spargere in superficie tra le piante coltivate Altre sostanze di uso tradizionale in agricoltura biologica Altre sostanze
http://www.uplitalia.com/it/agricoltura-biologica/21
Qui di seguito, un piccolo elenco dei prodotti di sintesi con le loro varie funzioni. Insistiamo sul fatto che sono prodotti ammessi e usati soltanto da alcuni produttori.
http://www.feder.bio/files/1709.pdf
Tutto dichiarato, tutto accessibile, tutto certificato. L’impatto ambientale è considerato minimo e molto inferiore rispetto all’agricoltura tradizionale. Anche se sono in corso dibattiti per dimostrare che non è vero. E qui le risposte le possono dare i laboratori d’analisi, anche se quest’ultimi danno risposte contradditorie.
Ricordiamo che sulla carta, il biologico si premura di rispettare l’ambiente, cercando di tutelare la biodiversità, evitando le monocolture, puntando esclusivamente sulla frutta e verdura di stagione, scongiurando la produzione intensiva nelle serre. Altri accorgimenti, nel metodo, giusto per tornare alla biodiversità, sono la cura dell’ambiente che circonda il campo. Come il piantare alberi, per favorire la proliferazione dei predatori naturali dei parassiti e per creare l’effetto barriera che protegge il campo da eventuali contaminazioni che possono provenire da coltivazioni non biologiche.
In caso di necessità, per la difesa delle colture si interviene con sostanze naturali (vegetali, animali o minerali): estratti di piante, insetti predatori di parassiti, farina di roccia o minerali naturali in grado di correggere la struttura e le caratteristiche chimiche del terreno, ma anche di difendere le coltivazioni dalle crittogame. L’agricoltore può usare solo le sostanze di origine naturale autorizzate dal regolamento CE (tassativamente elencate in un’apposita lista).
http://www.ilfattoalimentare.it/si-fa-presto-a-dire-bio-ma-cosa-significa.html
Potremmo concludere così, questa sezione, per non trascurare le altre, con una frase significativa trovata in rete. Ricorderei che il biologico è un mondo in divenire, a cui puntare, a cui ambire. La perfezione è lontana ma intanto, molti, al di là del vantaggio economico che sta emergendo, ci stanno provando.
Le filosofie buone sono per un buon cambiamento. E il tanto bistrattato biologico, ci sta provando. Al biologico si associa il significato di vita, di natura, di biodiversità. L’agricoltura del futuro dev’essere di tipo biologico, ma forse il vero significato di biologico non è ancora stato trovato e abbiamo bisogno ancora di tempo e di qualche progresso della tecnologia, quella amica dell’uomo, per poter dare al biologico l’importante significato di un metodo che assicura uno sviluppo sostenibile dell’uomo e dell’ambiente. https://www.nutritionalproject.com/biologico-significato/
LOTTA INTEGRATA O AGRICOLTURA INTEGRATA
E’ una pratica di difesa delle colture che prevede una drastica riduzione dell’uso di fitofarmaci mettendo in atto diversi accorgimenti. Tra i principali, si ricordano: • l’uso di fitofarmaci poco o per niente tossici per l’uomo e per gli insetti utili; • la lotta agli insetti dannosi tramite la confusione sessuale (uso di diffusori di ferormoni); • fitofarmaci selettivi (che eliminano solo alcuni insetti); • fitofarmaci che possono essere facilmente denaturati dall’azione biochimica del terreno e dall’aria http://www.ilcollemariotti.it/lotta_integrata.pdf.
Potremmo chiamare questo metodo una sorta di “riduzione del danno” o un “crossover” di discipline. Il termine “integrato” sintetizza efficacemente il contenuto di questo sistema di coltivazione. Si pesca dal biologico, usando antagonisti naturali dei parassiti, ( ad es coccinelle), si adopera il metodo dello sfalcio e del piantare vegetali che assolvono una funzione repellente per gli insetti nocivi, si effettuano potature, irrigazioni e soltanto quando la coltivazione è in pericolo, si ricorre ai fitofarmaci, sempre in dosi ridotte, per non invalidare il lavoro ottenuto e per ridurre il più possibile l’impatto ambientale.
Una sorta di correzione ai metodi industriali, che dal biologico si differisce soprattutto per una riduzione degli elementi che caratterizzano l’agricoltura biologica, infatti la lotta integrata difende le coltivazioni, le tutela, ma non comprende le filosofie “naturalistiche” del biologico, assimilandole per questioni pratiche. Se il risultato è ridurre la tossicità causata dai processi produttivi, indubbiamente la valutazione non potrà essere che positiva, Salvare le colture e usare metodi “dolci” per farlo. Un atteggiamento realistico.
Gli ambiti di applicazione dei principi dell’agricoltura integrata sono principalmente quattro (https://it.wikipedia.org/wiki/Agricoltura_integrata):
Fertilizzazione Lavorazioni del terreno Controllo delle infestanti Difesa dei vegetali
Sta prendendo piede in Europa, dal momento che le Commissioni vedono di buon occhio la riduzione di pesticidi e sostanze di sintesi in generale. Teoricamente, ciò che non è biologico o biodinamico, dovrebbe essere agricoltura integrata. La tendenza sarebbe, più agricoltura biologica e integrata.
PERMACULTURA
Qui si entra in una vera e propria forma di filosofia applicata. Per essere paradossali potremmo dire che fare permacultura è lasciare che le cose accadano. Ma è ironia, ovviamente, certo che immaginarsi un metodo produttivo del genere su larga scala è impensabile. Dopo questo scalino c’è soltanto il fruttarianesimo crudista e il primitivismo.
Leggiamo l’introduzione enfatica e quasi austera di Mollison, l’inventore del termine permacultura: Una cultura umana non può sopravvivere a lungo senza la base di un’agricoltura sostenibile e una gestione etica della terra: questa geniale intuizione ha ispirato Bill Mollison nel coniare il termine Permacultura, una sintesi teorica e pratica che sistematizza e sviluppa gli elementi di diverse scienze ecologiche, aprendo nuovi orizzonti progettuali. http://www.permacultura.it/index.php/cosa-e
Permacultura è una contrazione di agricoltura permanente e questo la dice già lunga sui fondamenti sistemici di questa pratica. Pratica che è al contempo uno stile di vita, quasi societario, comunitario, quindi legato indissolubilmente ad atteggiamenti altri rispetto alle convenzioni sociali.
Una non agricoltura, per spingere all’estremo il paradosso di cui sopra. Si parla di interazione uomo-ambiente, ritenendo questo concetto non un elemento a posteriori bensì un aspetto immanente della vita. L’uomo è legato indissolubilmente alla natura e dunque non può esulare da questo postulato.
Per quanto abbia adattato il mondo alle proprie esigenze, la natura è presente e non la si può piegare senza ottenere risultati catastrofici. L’assunto tematico è affine alla biodinamica e in parte all’agricoltura biologica, quest’ultima però conserva un aspetto sociale che non è così evidente nelle due discipline summenzionate.
In sintesi, la permacultura è un insieme di regole che porterebbero ad osservare i cicli naturali senza interferire troppo, riprendendo gli stilemi dell’agricoltura pre-rivoluzione verde. Niente atteggiamenti invasivi, riduzione degli sprechi, interagire coi cicli stagionali. Una parte di questa filosofia è stata trasferita nelle transition town e lambisce alcuni punti della teoria della decrescita. I punti essenziali sono enumerati da un altro teorico della permacultura. David Holmgren. https://it.wikipedia.org/wiki/Permacultura#Principi
La teoria sviluppata da Mollison e Holmgren si è sempre basata sulla coltivazione consociata di alberi perenni, arbusti, erbacee, funghi e tuberi. Ma dal momento che l’autosufficienza alimentare non può essere garantita senza l’accesso alla terra, ben presto i due scienziati iniziarono ad occuparsi anche di strategie legate all’acquisizione delle terre, strutture contrattuali e di autofinanziamento. È in questo modo che la permacultura è diventata a tutti gli effetti un sistema umano globale (https://www.tuttogreen.it/cose-la-permacultura/).
Chi scrive dubita che senza ulteriori integrazioni pratiche e teoriche, nonostante le accademie che insegnano questa disciplina, nonostante l’interesse crescente verso la materia, legata inevitabilmente alle “solite” questioni sociali, psicologiche, territoriali, economiche, politiche, etc….la permacultura possa diventare un fondamento sociale di punta.
Certe realtà sono ancora defilate dal contesto umano poiché rischiano di autoghettizzarsi. Come la biodinamica. Non che i concetti austeri e assennati di Mollison e Holmgren non siano affascinanti e ragionevoli, tutt’altro, sono applicabili negli orti di casa, negli orti sociali, nei piccoli appezzamenti e forse così dev’essere a meno che i distretti urbani non adottino queste misure con le dovute correzioni…
Del resto, l’ideologo delle città in transizione, Hopkins partì proprio dalla permacultura. Da aggiungere che distretti di permacultura sono diffusi in tutto il mondo, da Cuba alla Danimarca, fino al Brasile, Nicaragua….
BIODINAMICA
Conoscete Rudolf Steiner? E’ conosciuto come l’ideatore dell’antroposofia, una disciplina complessa che include elementi esoterici, spirituali, teosofici che contiene forti elementi pedagogici. https://it.wikipedia.org/wiki/Antroposofia. Traducendo sommariamente dal greco antico, antroposofia starebbe per “conoscenza dell’umanità”, un’umanità tesa verso una visione metafisica del mondo, in sintonia con energie cosmiche e cicli della natura.
Non ne parleremmo se Steiner ad un certo punto, nel novero dei suoi interessi mise anche l’agronomia. Una sorta di mondo ricreato ad hoc dal pensatore, giudicato da molti “pseudoscientifico”. Risultati pratici dell’Antroposofia comprendono lavori in:
Architettura (Goetheanum), Agricoltura biodinamica, Educazione Waldorf (“scuola steineriana”), Medicina antroposofica (Weleda, Wala), Scienza goethiana risultante in nuovi sviluppi nelle arti Euritmia (“movimenti come linguaggio visibile”), Centri di aiuto per disabili (Camphill Villages), Religione (La Comunità dei Cristiani).
Vediamo che Steiner, pur non essendo uno specialista od un cultore della materia in quasi nessun campo succitato, riuscì a formare un congegno sistemico per accorpare discipline apparentemente differenti tra loro. Le scuole steineriane sono diffuse in tutto il mondo e in passato Steiner riscosse il credito di intellettuali di un certo peso, uno per tutti, Hermann Hesse.
Secondo i seguaci del metodo, l’agricoltura biodinamica sarebbe in equilibrio con l’ecosistema terrestre. Tale approccio viene anche definito olistico, in quanto considera come un unico sistema il suolo e la vita che si sviluppa su di esso; un’azienda agricola viene quindi vista come una sorta di organismo immerso in forze cosmiche. https://it.wikipedia.org/wiki/Agricoltura_biodinamica.
Chiaro, no? Scherzi a parte, siamo di fronte ad una via di mezzo tra sincretismo e multidisciplinarietà, buona per chi è all’interno di un certo percorso. Le tre forme di agricoltura summenzionate non hanno questo apparato teosofico e funzionano perfettamente proprio perché i metodi impiegati hanno basi credibili e sperimentate, ma soprattutto, per molti aspetti verificabili.
La biodinamica comporta rituali, osservazione del moto degli astri, attrezzature simboliche piuttosto strane per concentrare energie e fluidi affinchè ci sia un buon raccolto. La visione olistica si perde in pratiche che possono lasciare perplessi. La base ideale per creare un’unità biodinamica è l’azienda agricola con un allevamento di bestiame. Gli animali costituiscono infatti un elemento importante di questo organismo, fornendo prezioso fertilizzante, da usare dopo il compostaggio per incrementare la vitalità del terreno. http://www.demeter.it/biodinamica/
Fin qui tutto bene. Considerando che la biodinamica produce, in Italia soprattutto vino, si può pensare che si ottengano prodotti sani e genuini. Tra l’altro, anche il biodinamico ha una scuola, associazioni e certificazioni, quindi una credibilità “ufficializzata”. Qualcuno avanza dubbi poiché il prodotto finale può subire alterazioni, specie se si tratta di vino.
Questo per le difficoltà che si incontrano nel preservare le caratteristiche del prodotto. Le perplessità sorgono per le pratiche piuttosto anomale…”. Esiste un vasto dibattito sulla reale validità dell’agricoltura biodinamica, da molti considerata priva di reali vantaggi per il consumatore e per l’ambiente, e conseguentemente considerata una pseudoscienza.
“… Come l’idea che far fermentare fiori in una vescica di cervo possa aumentare la fertilità di letame o compost grazie alla sua “potenza radiante”. Le aziende biodinamiche non possono fare a meno di questo e altri otto “preparati” come il cornoletame, il cornosilice o la corteccia di quercia: il loro utilizzo è fondamentale per ottenere la certificazione. Nella maggior parte dei casi si tratta di fiori, corteccia triturata o letame da interrare all’interno di un contenitore di origine animale perché fermentino (ma ci sono preparati, come quello di ortica, da interrare senza alcun involucro), per poi essere sparsi sul terreno o diluiti in acqua.” (cit.)
Sotterrare vesciche di cervo con dentro dei fiori di achillea, o un corno di vacca ripieno di letame. O, ancora, lasciare corteccia di quercia a fermentare dentro al teschio di un animale domestico. Non sono riti magici ma alcuni passaggi necessari per ottenere i preparati fertilizzanti dell’agricoltura biodinamica, una disciplina molto discussa, nata in Europa negli anni a cavallo tra le due guerre del Novecento in seguito a un ciclo di lezioni tenute nel 1924 dal filosofo austriaco Rudolf Steiner http://www.nationalgeographic.it/food/2016/09/21/news/l_agricoltura_biodinamica_funziona_davvero_
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Altra cosa, la biodinamica non tenderebbe ad arare i terreni da coltivare. I punti che possono accomunare le varie discipline agronomiche “alternative” sono il rispetto per l’ecosistema, per la biodiversità, la sobrietà nell’uso dei materiali e i metodi di arricchimento dei terreni. L’idea sulla biodinamica , l’idea incompleta di chi scrive è che metodologie prosaiche a parte, che garantiscono la preservazione dal deterioramento dei terreni, parte da un presupposto che può diventare un postulato: è come la psicoanalisi e la preghiera. Funziona solo se ci si crede.
Giorgio Masili